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Toni è un anziano che vive alla casa di riposo “Opere Pie Raggruppate” di Vittorio Veneto (Treviso). Ogni notte ha un incubo: i corvi lo assaltano e gli beccano il viso, lui rimane impietrito. Per lui, la casa di riposo è la sala d’attesa della morte, ma ha ancora voglia di vivere. Attorno, altri anziani a letto e alla mensa. Un giorno alla settimana Toni attraversa il centro di Vittorio Veneto, si inerpica a piedi lungo una stradina bianca e raggiunge il suo piccolo paese: gli piacerebbe morire lì, anche se è un paese di montagna povero, abbandonato dai giovani. Allegri scoppi di petardi davanti alla chiesa gli ricordano il giorno del suo matrimonio: la moglie è morta, nella mente di Toni si affollano i ricordi. Entra nella sua vecchia casa, in stato di desolato abbandono, sentendo la voce della moglie (“il medico ha detto che i bambini devono mangiare carne una volta la settimana”) e dei due figli piccoli (uno sogna di emigrare in Australia, l’altro vuole rimanere). Rivede la moglie al camino che accende il fuoco e che gli porge una patata calda. Ora, fuori, c’è nebbia e vento, la moglie teme le civette. Torna il sereno: la paglia viene portata a valle tramite una fune sospesa, Toni seduto sull’erba sfoglia le foto dei familiari. Si reca sulla tomba di uno dei figlio, partigiano “martire della libertà”, mentre sentiamo la voce del giovane prigioniero che legge la sua ultima lettera ai genitori prima di essere fucilato dai nazisti: vediamo poi un ragazzo, su sfondo nero, che si scava la fossa col piccone. Toni ha un’altra visione: la moglie sul letto di morte che si augura, invano, di rivedere il figlio emigrato in Australia prima di spirare. Poi i volti di vecchi amici di Toni scomparsi: quello che vendeva i funghi, quello sempre ubriaco ossessionato dai tedeschi, quello che ha perso una gamba in guerra, quelli tornati dalle miniere del Belgio con la silicosi. Infine, Toni rilegge con la mente una lettera scritta al figlio in Australia, con la flebile speranza di riabbracciarlo, un giorno.