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Sinossi:
Indagine su alcune persone originarie dell’Africa Orientale che vivono stabilmente in Italia: si rievoca il retroterra storico (il colonialismo fascista) e si sottolineano le ipocrisie nei loro confronti che ancora caratterizzano gli occidentali. Si comincia con il generale d’onore Domenico Mondelli, che si distinse come pilota dei primi velivoli da caccia e bombardamento nella prima guerra mondiale. Le immagini dell’uomo che beve un caffè al bar sono seguite da foto che lo ritraggono in uniforme durante il conflitto. Il suo vero nome è Ovaldi Selassi, è un eritreo adottato dal colonnello Attilio Mondelli di Parma nel 1891 durante la ritirata di Adua. Oggi ha 82 anni e vive a Roma nel quartiere Appio Latino. A casa di Ovaldi, una donna sistema la cucina mentre il generale chiude le finestre e guarda la televisione.
Dopo aver mostrato insegne viarie che portano nomi rievocanti le guerra d’Africa (via Makallè, via Tigrè) e immagini di repertorio che sovrappongono un discorso di Mussolini all’ingresso delle truppe italiane di Badoglio ad Addis Abeba il 5 maggio 1936, facciamo la conoscenza di Said Ben Amur. È un etiope nato a Massaua, che da 40 anni vive a Roma, vicino alla stazione Termini, facendo la spola con Napoli. Lo incontriamo mentre discute di cinema con la cassiera di un bar. A Napoli, più precisamente a Capo di Chino, Said ha moglie e due figli, che vediamo nella loro casa. Said fa il capogruppo delle comparse di colore a Cinecittà: la voce di commento spiega che sono di moda i film girati a Sabaudia “con negre che ballano nude”. Al bar di Cinecittà, Said parla con un impresario mentre vediamo diverse foto di ragazze e ragazzi africani che aspirano a entrare nel cinema.
Un uomo parla dei confini del Lazio cambiati da Mussolini per farlo assomigliare a un fascio littorio: si tratta di Dante Galeazzi, musicista e viaggiatore che ha vissuto in Africa e ogni tanto, soffrendo di “mal d’Africa”, ci torna: vediamo alcune sue foto da giovane, su un elefante, su un risciò, a un safari, con delle donne.
Filmati di repertorio di soldati che salutano le famiglie e si imbarcano su una nave, con “Faccetta nera” in sottofondo, sono seguite da immagini (il parco e i poveri interni) del campo profughi di Aversa (provincia di Caserta).
Dopo aver mostrato insegne viarie che portano nomi rievocanti le guerra d’Africa (via Makallè, via Tigrè) e immagini di repertorio che sovrappongono un discorso di Mussolini all’ingresso delle truppe italiane di Badoglio ad Addis Abeba il 5 maggio 1936, facciamo la conoscenza di Said Ben Amur. È un etiope nato a Massaua, che da 40 anni vive a Roma, vicino alla stazione Termini, facendo la spola con Napoli. Lo incontriamo mentre discute di cinema con la cassiera di un bar. A Napoli, più precisamente a Capo di Chino, Said ha moglie e due figli, che vediamo nella loro casa. Said fa il capogruppo delle comparse di colore a Cinecittà: la voce di commento spiega che sono di moda i film girati a Sabaudia “con negre che ballano nude”. Al bar di Cinecittà, Said parla con un impresario mentre vediamo diverse foto di ragazze e ragazzi africani che aspirano a entrare nel cinema.
Un uomo parla dei confini del Lazio cambiati da Mussolini per farlo assomigliare a un fascio littorio: si tratta di Dante Galeazzi, musicista e viaggiatore che ha vissuto in Africa e ogni tanto, soffrendo di “mal d’Africa”, ci torna: vediamo alcune sue foto da giovane, su un elefante, su un risciò, a un safari, con delle donne.
Filmati di repertorio di soldati che salutano le famiglie e si imbarcano su una nave, con “Faccetta nera” in sottofondo, sono seguite da immagini (il parco e i poveri interni) del campo profughi di Aversa (provincia di Caserta).
titolo:
Africa in casa
titolo in italiano:
Africa in casa
regia:
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Vento, Giovanni
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Cast & credits:
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Raparelli, Aldo (Organizzazione)
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Vento, Giovanni (Soggetto)
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Frajese, Carlo (Musica)
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Raffaldi, Giovanni (Fotografia)
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anno: 1968
nazione: ITALIA
lingua: ITALIANO
sonoro: sonoro
durata: 11 min.
produzione: Corona Cinematografica